
Ed
è un libro fantastico. È esattamente quello che promette. Dark nel
senso più tetro e turpe, senza svenevolezze, ma pieno di sofferenza
e squallore, itterizia, aria fetida, atmosfere claustrofobiche che
non lasciano filtrare la minima speranza. Sono d'accordissimo con
chiunque l'abbia definito Burtoniano, e aggiungo che è da riferirsi
alla produzione più gotica e scura del regista. L'atmosfera mi ha
ricordato moltissimo La sposa cadavere, coi suoi ambienti
scuri, i colori che variano appena dal nero al blu, i personaggi
intrappolati in una trama crudele.
Arduo
arrivare al dunque senza svelare troppo, perché è bello scoprire il
contesto mano a mano che viene raccontato, poco a poco. Non è
nemmeno del tutto chiaro, a pensarci bene, in che razza di mondo si
trovi Heap House, se sia vicino al nostro o a una sua versione
vagamente steampunk. Immagino che si scoprirà nelle prossime
puntate. Che non vedo l'ora di agguantare.
C'è
la famiglia degli Iremonger, antica, prospera, ricca. Vive a Heap
House, al centro di un'immensa discarica, pericolosissima in quanto i
cumuli di rifiuti si muovono, crollano, rischiano di sommergere
chiunque vi si trovi in mezzo. E in questa strana famiglia ci si
sposa soltanto tra cugini, e si vive tutti insieme a Heap House, che
ha continuato ad allargarsi annettendo pezzi di Londra trascinati via
chissà come, e imbullonati alla casa. Gli Iremonger sono orgogliosi
del proprio sangue, e disprezzano il resto del mondo, che comunque
non li apprezza granché. Alla nascita, a ognuno viene attribuito un
oggetto natale, dal quale non si separerà mai, e che racconterà
molto sul carattere di chi lo possiede.
Clod
Iremonger, il protagonista, si porta dietro un tappo da vasca. Clod è
strano, anche per essere un Iremonger. Sente le voci degli oggetti,
li sente ripetere un nome, uno per oggetto. Il suo tappo, ad esempio,
continua a ripetere “James Henry Hayward”, mentre il rubinetto
del cugino e unico amico Tummis ripete “Hilary Evelyn
Ward-Jackson”. La narrazione è in prima persona, e si alterna tra
Clod e Lucy Pennant, una ragazzina orfana che viene presa a servizio
a Heap House. Così da un lato scopriamo come vivono gli Iremonger
“puri”, e dall'altro Lucy ci racconta com'è lavorare a Heap
House.
E
poi iniziano a succedere cose strane, strane perfino per Heap House.
Oggetti che scompaiono, che si muovono. E a ben vedere non assistiamo
a vere e proprie indagini su quello che succede. Né Clod né Lucy
sono personaggi d'azione. Lucy, al massimo, gironzola dove e quando
non dovrebbe, piuttosto che limitarsi a pulire i caminetti. È un
libro in cui le cose capitano, spinte dalle circostanze, da eventi
esterni, da personaggi secondari. Clod è preoccupato per il fragile
cugino Tummis, per le proprie nozze obbligate con la cugina
Pinalippy, per il gabbiano scomparso. Ha pausa del cugino Moorcus, si
pone giusti quesiti sulle voci degli oggetti, ma si lascia perlopiù
trasportare. Lucy parla con le altre domestiche, si guarda attorno
stupita dall'ambiente bizzarro in cui si ritrova, parla dei cumuli di
rifiuti, gironzola per Heap House fino a incontrare Clod.
Penso
che sia uno dei lati del romanzo che non mi sono accorta di aver
apprezzato tanto finché non ho iniziato a pensarci, proprio adesso
che ne sto scrivendo. Il fatto che la trama non si dispieghi forzata
dai personaggi principali, ma sia piuttosto una storia che accade
prima in sottofondo per emergere in superficie e farsi imponente. Lo
trovo più realistico, ecco, e adatto a un'atmosfera immobile come
quella di Heap House.
Ho
adorato i personaggi, tutti, anche quelli che compaiono appena.
Soprattutto quelli spiacevoli. Pinalippy, ad esempio, e i vari zii di
Clod. Sono tutti particolarissimi, ed è davvero interessante il
legame che hanno coi propri oggetti natale, così come è
affascinante il rapporto tra gli Iremonger e la discarica.
Mi
piacciono moltissimo le illustrazioni che inaugurano i capitoli e
raffigurano vari membri della famiglia. Continuo a pensare che
sarebbe bellissimo se Tim Burton prendesse ispirazione da questo
libro, ne uscirebbe qualcosa di meraviglioso. E crudele.
Nessun commento:
Posta un commento